14 maggio 2011

L'unico futuro possibile?

Un articolo apparso ieri sul sito del Centro Studi La Runa riporta la grave situazione per quanto riguarda il futuro del tessuto etnico che si delinea per le popolazioni europee. Il post parla del libro Gli ultimi giorni dell’Europa. Epitaffio per un vecchio continente, dello storico Walter Lacquer, e la situazione descritta è particolarmente allarmante, e richiama l’immediata attenzione di noi europei. La nostra scarsa natalità è cosa nota, noi che non abbiamo né la voglia, né i mezzi, né il tempo per procreare di più, ma le probabili tendenze future sono due; primo, l'ulteriore diminuzione delle nascite per i paesi europei; secondo l'aumento delle nascite per i popoli dell’Africa e dell’Asia, a diretto contatto con il suolo europeo, i quali sono più fertili, hanno più' voglia di fare figli, e quindi sono in scioccante aumento.
Di qui a poche decine di anni, la nostra cultura, il nostro modo di essere, i nostri valori, la nostra identità spirituale, saranno appena presenti nella memoria dei futuri abitanti di questo continente, sostituiti dal melting-pot, dalla koinè', dall'insalata culturale e sociale che ci aspetta. Le genti africane, arabe ed asiatiche, anche coloro che non risiedono ancora in Europa, continueranno a surclassarci riguardo al numero dei nuovi nati e, chiaramente le loro patrie non saranno più sufficienti a contenere popolazioni il cui numero è in esponenziale aumento. Dovranno per questo venire a rimpinguare le loro schiere già massicciamente presenti sul nostro territorio. Infatti, come scrive Lacquer, ”quella che dal dopoguerra in poi è stata prima un’emigrazione per lavoro, cui seguì il ritorno quasi generale in patria, dagli anni Ottanta è diventata una crescente infiltrazione, infine assumendo, in questi anni, i contorni dell’incontrastato arrembaggio di massa.” E noi italiani, in questo periodo ne abbiamo prova sotto i nostri stessi occhi, con le decine di migliaia di disperati africani che stanno arrivando a Lampedusa.

Noi europei, pur se ci rendessimo conto della portata della situazione, il che per molti è altamente improbabile, visto il lobotomizzante sforzo dei mass media per convincerci dei benefici della pluralità, della carità (cristiana, molto spesso) che ci impone il dovere di aiutare i nostri fratelli in difficoltà, avremmo quasi paura di dire la nostra opinione a voce alta, timorosi di venir accusati di razzismo e chiusura mentale. Infatti, qualora si parlasse di problemi legati alla diversità etnica nelle nostre nazioni, il tabù ormai instillato nelle menti dei cittadini non lascerebbe molti di loro vedere il vero senso della questione. Il senso di colpa che i veri padroni del mondo usano ormai da tempo immemore, per costringerci a subire abuso dopo abuso, facendoci allo stesso tempo credere che tale abuso sia necessario – secondo la manifestazione gerarchica della dialettica hegeliana tesi, antitesi e sintesi, divenuta adesso problem, reaction, solution – ha anche in questa faccenda assolto bene al suo compito, e ci ha dotato di un anelito interiore che ci spinge ad accettare un’invasione straniera col sorriso sulle labbra, e ci fa sentire così moderni e tolleranti. Sono queste le moderne guerre d’invasione; è questo il moderno colonialismo al rovescio; è così che le forze della sovversione modernista hanno deciso di metterci in ginocchio.

Lasciando che questa invasione straniera a tutti gli effetti approdi sulle nostre coste, e non rispondendo perlomeno con più prole nostrana, la nostra cultura, il nostro modo di essere e vivere, come i nostri genitori ed i nostri nonni lo concepivano rischia, anzi è destinato a scomparire, già adesso inesorabilmente in fase di trasformazione verso un miscuglio di usi e costumi nuovi, che non beneficiano proprio nessuno. Ed intanto, le organizzazioni umanitarie, gli onlus, ed i vari papponi attaccati al seno di questa società marcia, si arricchiscono ancor più con le varie sovvenzioni ed aiuti che ricevono; le organizzazioni malavitose sono contente di ricevere individui che si prestano benissimo ad essere i loro operai, oppure a formare nuove cosche straniere loro stessi; i datori di lavoro prendono la palla al balzo, e si servono della manodopera di extracomunitari a costo bassissimo i quali, o si sostituiscono alle nostre forze lavoro per via del loro prezzo più basso, o si accollano quei mestieri che noi ormai, accecati dal mito progressista e consumista, dell’università per tutti, e degli status symbols, non abbiamo più voglia di fare.


Ma cosa ci riserverà veramente la società del futuro? La realtà appena messa in evidenza è davvero l’unico approdo per questo nostro grande continente? Saremo in grado di rovesciare le sorti e far fronte all’offensiva che stiamo subendo inermi? Io non so rispondere con certezza, perché la realtà dei fatti parla chiaro; ciò che è certo però è che i mezzi morali e spirituali necessari per un riscatto sono alla nostra portata.

Felix Caserta


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