Parola d’ordine: uscire dall’euro. Non possiamo farci mettere ancora con le spalle al muro da una moneta che sta diventando un plotone d’esecuzione schierato contro l’economia nazionale. Non ci faremo giustiziare (o almeno, dipendesse da noi, non lo vorremmo) da una valuta che ci sta svalutando l’avvenire. Gli euri, da quando sono stati coniati e sono entrati in circolazione, ci hanno eroso il fegato ed il potere d’acquisto, facendoci piegare in due dalla sofferenza e dimezzandoci il companatico. I tecnocrati dell’eurotax e dell’acquis comunitario ci avevano promesso l’eldorado europeista ma dal setacciare, con molto sacrificio, la sabbia alla ricerca dell’oro ci siamo ritrovati a rovistare nei cassonetti per raccogliere gli avanzi lasciatici dalla speculazione.
La moneta unica è nata per avvelenarci, è un’arma letale nelle mani di una burocrazia grigia e subalterna (legata a doppio filo alla finanza internazionale e ai gendarmi del dominio politico globale), che passa il tempo ad inchinarsi ai mercati e alla Borsa, estenuando i suoi cittadini. Ma se gli italiani sono ridotti a spolpare gli ossi, il Governo, decidendo di avviare questa manovra lacrime, sangue e spazzatura fiscale, ha dimostrato di essere un cagnolino che si accuccia non appena i pitbull della finanza e della politica internazionale si mettono ad abbaiare. Anziché ringhiare e mostrare i denti ci siamo prodotti in guaiti e leccatine nei confronti di chi stava per assalirci. Questa volta ha ragione Mario Monti: a che serve un governo che prende ordini da un sovraesecutivo tecnico con sedi a Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York? Forse sarebbe stato meglio affidarsi direttamente a lui ed ai suoi compari, di cui conosciamo il canile di provenienza? Ecco qui un bel branco di codini scodinzolanti che pur nascondendosi meno dietro i cespugli di una finta ideologia di destra o di sinistra, vuole comunque appiccicare all’Italia il prezzo per la prossima svendita di stagione. La versione frazionata di Tremonti, appunto detto semplicemente Monti, è un europeista privo di fronzoli identitari che può dichiarare ed accettare, senza infingimenti, la necessità di “certi vincoli esterni soprattutto per un Paese che quando si governa da sé, è poco incline a guardare all’interesse dei giovani e delle future generazioni”. Siano stramaledetti i primi e le seconde in bocca a questi manigoldi che parlano di “patriottismo economico” e di “prestigio nazionale” solo per determinare, in perfetta autonomia, se è meglio stare piegati in avanti oppure distesi a faccia in giù allorché i padroni del pianeta decideranno abusare di noi. Piuttosto, sarebbe ora di dire basta alla superstizione dei mercati, alle loro formule magiche e ai riti di quegli stregoni invasati chiamati economisti i quali invocano gli spettri della crisi per costringerci a mollare tutto quello che abbiamo. Su questa terra le leggi non piovono dal cielo, c’è chi fa le regole e chi le subisce. Non ci sono entità astratte che con ingarbugliatissime sottigliezze economicistiche ordinano il mondo ma rapporti di forza che lo strutturano secondo le ragioni dei più potenti. Dobbiamo rompere questo assurdo incantesimo metallifero e cartaceo chiamato euro e poi liberarci di questa comunità di esaltati che ci sta spingendo al suicidio collettivo. Nessuno dice che sarà facile ma non resteremo soli, le placche riprendono a muoversi sul magma del multicentrismo ed è il momento di approdare su coste sconosciute. Se non seguiremo il nostro istinto di autoconservazione, se non riprenderemo il mare, come abbiamo sempre fatto, alla ricerca di nuovi continenti, del contatto con altri popoli e altre sponde geopolitiche saremo travolti dalla lava di questa epoca storica. Non scendiamo dai Monti o dai TreMonti. Che piaccia o meno all’estero noi continueremo ad essere un popolo di coraggiosi navigatori.
La moneta unica è nata per avvelenarci, è un’arma letale nelle mani di una burocrazia grigia e subalterna (legata a doppio filo alla finanza internazionale e ai gendarmi del dominio politico globale), che passa il tempo ad inchinarsi ai mercati e alla Borsa, estenuando i suoi cittadini. Ma se gli italiani sono ridotti a spolpare gli ossi, il Governo, decidendo di avviare questa manovra lacrime, sangue e spazzatura fiscale, ha dimostrato di essere un cagnolino che si accuccia non appena i pitbull della finanza e della politica internazionale si mettono ad abbaiare. Anziché ringhiare e mostrare i denti ci siamo prodotti in guaiti e leccatine nei confronti di chi stava per assalirci. Questa volta ha ragione Mario Monti: a che serve un governo che prende ordini da un sovraesecutivo tecnico con sedi a Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York? Forse sarebbe stato meglio affidarsi direttamente a lui ed ai suoi compari, di cui conosciamo il canile di provenienza? Ecco qui un bel branco di codini scodinzolanti che pur nascondendosi meno dietro i cespugli di una finta ideologia di destra o di sinistra, vuole comunque appiccicare all’Italia il prezzo per la prossima svendita di stagione. La versione frazionata di Tremonti, appunto detto semplicemente Monti, è un europeista privo di fronzoli identitari che può dichiarare ed accettare, senza infingimenti, la necessità di “certi vincoli esterni soprattutto per un Paese che quando si governa da sé, è poco incline a guardare all’interesse dei giovani e delle future generazioni”. Siano stramaledetti i primi e le seconde in bocca a questi manigoldi che parlano di “patriottismo economico” e di “prestigio nazionale” solo per determinare, in perfetta autonomia, se è meglio stare piegati in avanti oppure distesi a faccia in giù allorché i padroni del pianeta decideranno abusare di noi. Piuttosto, sarebbe ora di dire basta alla superstizione dei mercati, alle loro formule magiche e ai riti di quegli stregoni invasati chiamati economisti i quali invocano gli spettri della crisi per costringerci a mollare tutto quello che abbiamo. Su questa terra le leggi non piovono dal cielo, c’è chi fa le regole e chi le subisce. Non ci sono entità astratte che con ingarbugliatissime sottigliezze economicistiche ordinano il mondo ma rapporti di forza che lo strutturano secondo le ragioni dei più potenti. Dobbiamo rompere questo assurdo incantesimo metallifero e cartaceo chiamato euro e poi liberarci di questa comunità di esaltati che ci sta spingendo al suicidio collettivo. Nessuno dice che sarà facile ma non resteremo soli, le placche riprendono a muoversi sul magma del multicentrismo ed è il momento di approdare su coste sconosciute. Se non seguiremo il nostro istinto di autoconservazione, se non riprenderemo il mare, come abbiamo sempre fatto, alla ricerca di nuovi continenti, del contatto con altri popoli e altre sponde geopolitiche saremo travolti dalla lava di questa epoca storica. Non scendiamo dai Monti o dai TreMonti. Che piaccia o meno all’estero noi continueremo ad essere un popolo di coraggiosi navigatori.
Gianni Petrosillo
[fonte: Conflitti e Strategie del 8 agosto 2011]
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