Ok.
Questa formuletta americana per dire “bene”, “va bene”, “ sì”, “d’accordo” (una corruzione del british “all right, o’right” o dall’amerindio, o dal francese medievale, o dal greco antico: come volete voi), è paradigmatica dello stato di sudditanza di buona parte delle lingue del mondo allo slang statunitense.
Ma questa è soltanto una constatazione.
E’ - o era, purtroppo - un fatto: la lingua implica una Weltanschauung, una “concezione della vita” propria al contesto sociale, tribale, nazionale, specifico dove questa si origina, dove questa è parlata. Presso gli individui che parlano una stessa lingua si istituisce a livello inconscio (e talora diventa consapevole) una “concezione del mondo e della vita” di base.
Ad ogni “nazione linguistica” corrisponde una mentalità specifica, una struttura specifica dell’immaginazione discorsiva.
La lingua, insomma, è un valore sociale di base sul quale si misura la partecipazione di un dato gruppo umano di fronte alla natura. Lingua e atto hanno infatti un legame intimo: la parola nasce per descrivere, interpretare, un gesto, un atto, materiale o ideale che questo sia. Mutatis mutandis, la massima di Platone sulla “cavallinità” può facilmente spiegare tale legame. Non basta un cavallo per indicare verbalmente quell’animale: ne occorrono almeno due, accomunati da una percezione astratta, la cavallinità, appunto. E’ qui che la lingua compare e dichiara che il cavallo è della specie dei cavalli, equina. E chi “non vede” l’astratto - la bellezza, l’onestà, i valori assoluti, i valori collettivi ideali o materiali, la cavallinità - semplicemente non possiede gli occhi per vedere.
Giungiamo a noi.
La corruzione del nostro idioma nazionale sembra giunta al punto di non ritorno. La lingua inglese - di per sé una corruzione tarda o uno sviluppo britannico del latino e del germanico: leggetevi Bacone - pervade i quattro angoli del mondo. L’utilizzo di un vocabolario semplificato, comprensibile tra gli arabi e tra i tedeschi, tra gli italiani e i giapponesi, tra gli indiani e i nigeriani, “semplifica” la vita. Ma al contempo fa perdere ogni ricchezza culturale locale. Massifica, schiaccia, i gesti, gli atti, le idee e ne sostituisce, scarnificandone il senso, il significato originario. Il mezzo di comunicazione standardizzato si trasforma in emissione di luoghi comuni, di eliminazione delle differenze di percezione. Il terrorista diventa Terrorista anche se si batte per la libertà del suo popolo, il mercato locale diventa il Mercato globale dappertutto, la moneta è quella battuta dalle Banche centrali, la civiltà diventa “società” e la vita “multiculturale”.
E’ il mondo alla rovescia imposto a colpi di Coca cola.
Ugo Gaudenzi
[fonte: Rinascita del 24 maggio 2011]
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